ARTE SACRA: CROCIFISSI
di Filippo Manoni filippo652@interfree.it
Sergio Salucci, artista marchigiano, nasce a
Sassocorvaro di Urbino nel 1949.
Autodidatta, partecipa a mostre d’arte contemporanea in ogni
parte d’Italia. Le sue opere, molto apprezzate, sono presenti in collezioni
pubbliche e private.
SERGIO SALUCCI: UN GRIDO DI SPERANZA
Una tragedia immane e un dolore atroce permeano la scultura del Crocefisso
dell’artista marchigiano Salucci, ricavato da un tronco d’albero. Un Cristo
anchilosato, i cui moncherini vorrebbero abbracciare il mondo ma, impotenti, si
trasformano nel grido straziante diligentemente annotato nel Vangelo della
Passione: “Perché mi hai abbandonato?”. Un grido che è
contemporaneamente invocazione di aiuto e drammatico interrogativo. Sembra che
l’artista raffiguri il Cristo proprio nel momento del suo costernato
interrogativo. Il volto straziato dalle torture e dalla inquietante domanda
rivolge la sua attenzione alla terra più che al cielo, agli uomini più che al
Padre, alle due informi figure, senza volto, rappresentanti anonimi di tutta
l’umanità peccatrice, che si aggrappano disperatamente a quel tronco che il
Cristo è diventato e che da quel tronco invocano e attendono salvezza.
La domanda invocante del Cristo non è tanto grido di dolore quanto
soprattutto grido di redenzione:quella soffocata invocazione è l’inizio della
soluzione del problema più gigantesco dell’uomo, il dilemma del male. Il “Perché
mi hai abbandonato” è detto più per i figli a lui aggrappati che per se
stesso morente sul legno. Un interrogativo che ha già in sé la risposta: la
croce non segna l’abbandono dell’uomo da parte di Dio, al contrario significa e
ribadisce il suo totale immedesimarsi nella creatura proprio attraverso quel
Figlio che, accettando una morte tanto crudele, sembra aver rinunciato alla sua
divinità per assumere fino in fondo l’umanità, legarla a sé, e in sé fonderla
fino a farla risorgere con sé all’alba del “terzo giorno”.
L’artista non è sempre così drammaticamente impegnato nelle sue opere. La
Via Crucis del 2000, per esempio, raccontata dai bassorilievi bronzei di
Sestino (AR), narra in modo semplice e lineare la vicenda di un
innocente umiliato e deriso che accetta di morire per salvare. Tuttavia anche
nelle formelle della Via Crucis forti e perentorie sono le simbologie e gli
elementi surreali che proiettano la vicenda oltre l’umano.
La splendida opera è, dicevamo, collocata a Sestino, borgo di 1500 abitanti
circa, situato in provincia di Arezzo, nella cosiddetta Marca Toscana, a
un'altitudine di 458 metri s.l.m., ricco di centri rurali. La Via Crucis
segna e impreziosisce la salita che porta alla pieve di San Pancrazio.